Quello che rinuncia al suo nome sulla
copertina.
Già, spesso è così che viene identificato
il ghostwriter. Io non la considero una rinuncia ma colgo il senso (o la
sensazione). E quasi mi piace. L’idea che la passione, e naturalmente la professionalità,
vengano ben prima di quella gloria mi gratifica e mi calza a pennello. Non che
io non abbia una storia nel cassetto, anzi, ma c’è tempo. Francamente mi preme
assai più quella altrui, l’universo nel quale ho il privilegio di entrare, il
percorso che mi è dato compiere, la sfida che mi tiene incollata all’entusiasmo
e alla speranza.
Ecco, quello che mi inorgoglisce o mi
rasserena è che neanche per un secondo ho pensato al ghostwriting come ripiego
a chissà quale sogno non realizzato. Al contrario. Quello che mi ha mosso e mi
anima è quel fuoco lì, quello di essere in missione. Abbraccio l’autore e la
creatura che mi consegna e parto.
Che fortuna compiere viaggi su viaggi.
(ripubblico qui questo post che avevo scritto sul mio blog personale, è sempre la mia ispirazione, umana e professionale!
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