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martedì 13 ottobre 2015

Hard

La mappa –o il labirinto- dei generi letterari è a prova di bussola. O forse è un problema tutto mio, quello del genere. Da ghostwriter incontro spesso la difficoltà di identificazione: è difficile inquadrare in modo netto alcuni romanzi o racconti che, appunto nell’identificazione stessa, patiscono una sorta di marchio non proprio fedele e corretto. Sono meravigliosamente in bilico.
Poi l’autore ne ha comunque bisogno per stare dentro le collane delle case editrici, per sottoporre il libro a quelle giuste (nel senso di potenzialmente interessate), per poterlo presentare nella prima approssimazione di una scheda. Insomma devo affrontare per forza la questione dell’<etichetta> ma è davvero l’unico momento che non amo del mio lavoro. 
Ora mi ritrovo a riflettere sulle vie del porno, dell’hard, del romanzo erotico e francamente mi accorgo che il terreno è più scivoloso che mai. L’umido o appassionante mood o risvolto di certi racconti non sta tanto nel linguaggio più o meno esplicito, nella trama di respiro più o meno ampio, nelle caratterizzazioni psicologiche più o meno profonde, nelle ambientazioni più o meno storiche, sociologiche eccetera, quanto nel mix ‘perfetto’, nella capacità evocativa e suggestiva, nell’afflato dello stile complessivo.
E’ come valutare un nudo o un abbigliamento di ‘volgare’ sensualità. Le sfaccettature sono molte, i confini sono labili, le atmosfere giocano un ruolo forte. Hard è una sorta di eros rock? Può darsi lo sia nelle scene, è vero. L’erotico ha vene più sottili, di intreccio emotivo, di pieghe scabrose o suadenti? Può darsi lo sia nelle ispirazioni, è vero.
Ma un libro fatto e finito è un mondo, migliaia o milioni di mondi. Il lettore lo interpreta sulla sua pelle, lo apre con la sua chiave, lo vive nella sua realtà. La pornografia, lo sappiamo, è concetto liquido, di cultura e costume, di sensibilità individuale, anche di esperienze concrete. Una storia di sesso e amore ha un’infinità di relazioni e connessioni, tocca una quantità di corde inimmaginabile. 
Una visione sciolta e disinibita può dare un’etichetta, un’ottica più rigida e pudica probabilmente ne da un’altra. 
La mia professionalità impone più rigore e determinazione nei parametri, nelle caratteristiche, nei paletti, lo so, sono costretta a farmene una ragione, però intimamente resto con le mie percezioni più aperte e fluide.

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